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Sicurezza lavoratori

Garantire la sicurezza del lavoratore (isolato e non) in quota

L’art. 107 del D.Lgs. 81/08 definisce lavori in quota quelle mansioni che espongono il lavoratore al rischio di una caduta, da un’altezza minima di 2 metri, calcolata da un qualsiasi piano considerato come stabile. Si tratta di una delle modalità di lavoro che vedono più a rischio la sicurezza del lavoratore già in modalità standard – e dunque a maggior ragione in solitudine.

Per questo, le norme che regolano la sicurezza sul lavoro in quota prevedono regole molto ferree per ciò che riguarda la formazione e la protezione dei lavoratori che andranno ad essere impiegati in tali attività lavorative, definendo anche delle situazioni tali da rendere il livello di rischio inaccettabile per il lavoro in solitudine – ad esempio nei casi dei lavori in sospensione su corde o di quelli in cui sia previsto l’uso di DPI anticaduta.

Le fonti di rischio

Nell’esecuzione della valutazione rischi per lavori in quota o a rischio di caduta dall’alto, si tende generalmente a prestare attenzione all’altezza e all’adozione di sistemi anticaduta, ma l’analisi dei casi reali dimostra che i 10 principali nemici della sicurezza del lavoratore in quota, sia su un tetto come all’interno di uno stabilimento, sono in realtà:

  1. Scarsa stabilità della superficie di lavoro
  2. Insicurezza della scala di accesso
  3. Condizioni meteorologiche avverse
  4. Presenza di fori, botole e lucernari
  5. Errata consapevolezza della posizione e del bordo di caduta
  6. Addestramento improprio
  7. Uso improprio dei dispositivi anticaduta
  8. Scarsa visibilità e ostacoli
  9. Pendenza
  10. Presenza di piani di lavoro su più livelli

Soccorsi efficaci per una maggiore sicurezza del lavoratore isolato

In questo particolare ambito, i rischi per la sicurezza del lavoratore – isolato o meno – sono principalmente di due tipologie: i traumi – al cranio o alla colonna vertebrale, ma anche a carico degli organi interni a causa della loro inerzia durante l’arresto – e la sindrome da imbraco (o sospensione inerte del corpo).

Molti infortunati potrebbero essere soccorsi efficacemente, riducendo notevolmente la gravità degli esiti: si pensi che dal 33% al 73% delle morti per traumi – generalmente pre-ospedaliere – sono prevenibili. È fondamentale che l’allarme venga dato in modo tempestivo e che i soccorsi possano raggiungere rapidamente l’incidentato. Come sempre, si tratta di un aspetto particolarmente sensibile del lavoro isolato: difficilmente un lavoratore solitario, privo per definizione di contatto visivo o vocale con colleghi attorno a sé e magari anche traumatizzato o incosciente, potrà dare autonomamente l’allarme in modo tempestivo. È dunque evidente l’importanza di dispositivi come i GPS Uomo a terra per la salvaguardia della sua salute.

Ma i sistemi GPS Man Down hanno un ruolo imprescindibile anche in caso di incidenti in quota svolti da personale che impieghi DPI anticaduta – e dunque sia necessariamente in una situazione di non solitudine.

Quando il lavoratore infortunato rimane appeso ad un sistema di arresto caduta si creano infatti i presupposti necessari per il presentarsi della sindrome da imbraco o sospensione inerte del corpo, un grave rischio aggiuntivo per la sicurezza del lavoratore. Quando si rimane appesi al sistema di arresto caduta, specialmente se incosciente, il sangue tende a fermarsi negli arti inferiori, creando il rischio di un collasso cardiocircolatorio, cui possono seguire arresto cardiaco e morte.

Questa ragione fa sì che le attività di rimozione dell’infortunato dalla sospensione vadano gestite con estrema attenzione, sempre in presenza di un altro operatore e con l’ausilio di un dispositivo di segnalazione dell’emergenza.